Sabato 12 febbraio si inaugura al Museo Civico Castello Ursino di Catania l’esposizione, a cura di Evelina De Castro e Giacomo Fanale, del grande arazzo secentesco “Ananias et Saphira”, realizzato dai cartoni di Raffaello per la Cappella Sistina.
Con l’esposizione a Catania dell’arazzo “Ananias et Saphira” della collezione Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona continua l’itinerario dell'”Anno Sanzio” iniziato nel 2020 alla Calcografia Nazionale di Roma, nel palazzo di Fontana di Trevi in parallelo all’esposizione della serie completa degli arazzi di Raffaello nella Cappella Sistina dopo 400 anni. Gli arazzi, a completamento del messaggio teologico e visivo della Sistina, furono realizzati dal cardinale Luigi d’Aragona tra il 1515 e il 1519 il cui nome è legato alla famiglia che ha fatto di Catania la capitale della Sicilia e del Castello Ursino la sede regale. Alfonso d’Aragona il Magnanimo, bisnonno del cardinale, fece del Castello Ursino sede del Parlamento siciliano e nel 1434 qui firmò la fondazione dell’Università degli Studi di Catania, la più antica della Sicilia
In questo scenario storico si inquadra la figura del cardinale umanista autore degli arazzi di Raffaello. Luigi d’Aragona, mecenate protagonista delle grandi committenze papali, abitava nel palazzo della Rovere nei pressi di San Pietro, con i soffitti del Pinturicchio, proprio vicino la casa di Raffaello (demolita nel 1873) con il quale interagiva nei progetti artistici vaticani.
Nel 1501 il cardinale è a Parigi con il congiunto Federico I re spodestato di Napoli, che, il 3 luglio 1500, aveva aggregato alla casa reale il casato dei Ruggi, con privilegio di consanguineità, nome e armi. I Ruggi d’Aragona, proprietari dell’arazzo, da sempre si sono distinti per la grande tradizione filantropica che ha generato una straordinaria organizzazione ospedaliera che ancora oggi costituisce uno dei più grandi plessi d’Italia. Precursori nell’approccio olistico hanno introdotto da subito l’arte nelle corsie e l’arteterapia che ne accompagnano la degenza con gli effetti oggi confermati dalle neuroscienze. ll connubio arte e sanità è proprio di tradizione aragonese siciliana, già nel 1446 Alfonso il Magnanimo trasformò Palazzo Sclafani a Palermo in ospedale, facendolo affrescare per l’occasione. Al monumentale ciclo apparteneva il “Trionfo della Morte”, oggi alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo, espressione di una cultura avveniristica, cosmopolita catalana e fiamminga come l’arazzo.
Raffaello ha influenzato la pittura siciliana del Rinascimento. L’iconografia di questo arazzo rappresenta S. Pietro e S. Paolo, le cui sembianze derivano da Platone e Aristotele dall’affresco della “Scuola di Atene” (1509-11) nella stanza della Segnatura. Pietro è pontefice che guida le prime comunità cristiane nelle quali vigeva la condivisione dei beni e la condivisione dei frutti. Anania vendette un podere trattenendo parte del ricavato contro l’idealità comunionale (Gerusalemme 35/40 d.C., presso il portico di Salomone). Quest’opera differenzia sensibilmente nelle misure e composizione con quello leonino ma è nella bordura la sua caratterizzazione. Una codificazione interpretativa e simbolica esplicita e implicita, attraverso le figure della “Carithas”, “Obedientia”, “Benedictio”, “Victoria”, “Raptus”, “Famine”, “Luxus”, con assonanze, riferimenti e itinerari etico, teologico e ascetico.
Nel corso di restauri questo arazzo ha perso le sigle della bordura o altri riferimenti utili alla sua attribuzione manufatturiera, ne sono ad oggi noti gli altri esemplari di questa serie. Sono così state avanzate dagli studiosi diverse ipotesi: 1) Anna Maria de Strobel e Cecilia Mazzetti attribuiscono l’arazzo a manifattura di Heinrich Mattens; 2) Florence Patrizi e Guy Delmarcel lo attribuiscono a manifattura di Bruxelles; 3) Nello Forti Grassini ritiene che è parte della serie (con uguale bordura) alla quale fanno capo gli “Atti degli Apostoli” nella Cattedrale di Tolosa. Questi ultimi propongono le stesse figurazioni presenti in un altro gruppo di “Atti degli Apostoli” conservato a San Francisco, nel quale compaiono le marche di un arazziere con le iniziali “ISTA”, che era un arazziere di Oudenaarde. È presumibile perciò che anche gli arazzi di Tolosa e il suo siano stati tessuti a Oudenaarde dall’arazziere “ISTA”, probabilmente verso il 1580-1600.
A corredo dell’arazzo una incisione del francese Nicolas Dorigny (1658-1746) realizzata su incarico della regina Anna d’Inghilterra ad acquaforte e bulino (1711) per celebrare la collocazione dei cartoni, acquistati da mercanti genovesi, ad Hampton Court.
La grafica era voluta da Raffaello proprio con la consapevolezza di diffondere le sue idee, l’autografia del pensiero pertanto ne favorì la riproduzione e diffusione dell’immagine a mezzo stampa delle sue invenzioni. Forme classiche e fantastiche ispirate all’antico ma modernissime che avviarono un processo produttivo di riproduzione di grande fortuna visiva in un circolo vorticoso di rimandi tra disegno, pittura e incisione e un’ampia serie di prodotti delle cosiddette arti applicate o, come le definiva Giorgio Vasari, “arti congeneri”. Emerge un Raffello grande anche nell’innovazione della comunicazione.
L’arazzo, dopo essere stato esposto per la decima edizione della Settimana delle Culture alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo, resterà in mostra a Catania fino al 17 aprile 2022 e dal 21 aprile al 15 maggio sarà al Palazzo Ducale di Piazza Armerina (AG). Successivamente sarà esposto al Palazzo Ducale di Gerace (RC).
L’itinerario siciliano dell’arazzo è stato possibile grazie ad Evelina de Castro, direttrice di Palazzo Abatellis, che con Giacomo Fanale e l’associazione Settimana delle Culture hanno dato il via all’itinerario, sostenuto dai Rotary Club.